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Introduzione dell'Esposizione Internazionale del 1902

(Leonardo Bistolfi, Manifesto per L'Esposizione - Milano, Civica Raccolta di Stampe Bertarelli)

Con la Rivoluzione Industriale si sente il bisogno di far conoscere al grande pubblico (si fa per dire, perchè le classi meno abbienti rimanevano quasi sempre escluse) nuovi prodotti, nuove tecnologie, per conquistare mercato e per assumere, cosa molto importante in un'era caratterizzata da forti nazionalismi, rilevanza a livello internazionale.

Così nacquero le Esposizioni Universali, vero sfoggio di potenza commerciale e di prestigio tecnico e artistico: si pensi agli echi che ebbe, e che ha tuttora, l'Esposizione di Parigi del 1889, con la sua fantasmagorica e controversa Tour Eiffel.

Questi eventi, che abbracciano gli anni che vanno dal 1850 fino alla I guerra mondiale, iniziati come vetrina di mirabolanti tecnologie e di nuovi prodotti, con la nascita dei vari movimenti modernisti in Europa, soprattutto in Inghilterra con il movimento delle "Arts and Crafts" di Morris, e nei paesi francofoni, assunsero ben presto, almeno in parte, la funzione di vetrina di nuove idee, di nuovi modi di concepire il rapporto tra arte, artigianato e industria.

L'Italia non rimase indifferente e seppure con un certo ritardo si arrivè anche da noi a proporre manifestazioni simili. A Torino si tenne la Esposizione Generale Italiana nel 1884, l'esposizione del 1898 (di cui rimane, al Valentino, la fontana dei 12 Mesi, disegnata da Carlo Ceppi) e si culminò con la fondamentale Prima Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna del 1902.

In questa esposizione, come nelle analoghe d'oltralpe, si pensava alle arti decorative come un unicum che abbracciava sia l'oggetto di uso quotidiano che l'arredamento urbano, sia il portone che il palazzo. La progettazione non riguardava più un solo ambito, ma essa investiva tutto l'oggetto del produrre: in una stanza da pranzo il progettista-artigiano curava i tavoli e i soffitti come le tazze e i candelabri, in un palazzo l'artista-architetto curava il disegno dell'edificio e le ringhiere interne delle scale, fino alle maniglie delle porte.

Si capisce come in tal modo il confine tra utile e bello tende a diventare, nella mente degli artisti più progressisti del tempo, sempre più labile. Non ci sono più cose utili da una parte, oggetti di uso comune che non necessitano di cura, e dall'altra oggetti curati, poco più che suppellettili. Anche l'oggetto di uso quotidiano deve essere investito dall'alito della creazione artistica, questo per portare il bello a strati sempre più vasti di popolazione. E questo naturalmente poteva essere fatto solo se la nascente industria avesse prodotto per le masse (leggi per la media e piccola borghesia) prodotti disegnati con cura, realizzati non solo per servire ma anche per compiacere l'occhio.

Questo concetto fondamentale fa capire perchè le esposizioni Universali, nate come vetrina per le industrie, si sono trasformate in vetrine per l'arte, o quanto meno per l'artigianato artistico.

Citiamo dall'articolo 2 del Regolamento Generale dell'Esposizione

Art. 2.

L'Esposizione comprenderà le manifestazioni artistiche ed i prodotti che riguardino sia l'estetica della via, come quelli della casa e della stanza.
Vi saranno ammessi soltanto i prodotti originali che dimostrino una decisa tendenza al rinnovamento estetico della forma.
Non potranno ammettersi le semplici imitazioni di stili del passato, ne la produzione industriale non ispirata ai sensi artistici.
[...]

L'Esposizione risultò fondamentale, non solo per la sua rilevanza nazionale, ma per gli influssi che ebbe in particolar modo sul Liberty torinese e per la risonanza a livello europeo della manifestazione.

Il lavoro sul Liberty è stato realizzato da Walter GambaGiuseppe Mauro
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